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Ogni anno ci sono in Italia seimila nuove diagnosi di tumore cerebrale primitivo (ossia che si sviluppa direttamente nel sistema nervoso centrale), una patologia responsabile del maggior numero di anni di vita persi rispetto ad altre neoplasie maligne. Per questo motivo, come spiega Nino Cartabellotta,presidente della Fondazione Gimbe, “le cure primarie rivestono un ruolo rilevante nella gestione degli effetti cognitivi, fisici e mentali a lungo termine del tumore e della terapia” e per questo “per un’adeguata presa in carico di questi pazienti è dunque indispensabile un approccio multidisciplinare condiviso tra assistenza specialistica e cure primarie, oltre a reti integrate guidate da percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali”.

 

Per questo motivo la Fondazione Gimbe ha realizzato la sintesi in lingua italiana delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (Nice), aggiornate a luglio 2018, che saranno inserite nella sezione “Buone Pratiche” del Sistema Nazionale Linee Guida, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità.

 

Scarica qui il documento.

http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato8578028.pdf

 

I contenuti di queste linee guida integrano quelle pubblicate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), destinate prevalentemente ad un target specialistico e ultraspecialistico con obiettivi diagnostici e terapeutici.

 

Le linee guida Nice, infatti, si rivolgono ai non specialisti e ai professionisti delle cure primarie, in particolare ai medici di medicina generale e infermieri, formulando raccomandazioni su vari aspetti della gestione della malattia: dalla valutazione dei bisogni assistenziali dei pazienti all’identificazione di un professionista sanitario di riferimento; dalla condivisione delle informazioni con pazienti, familiari e caregiver alla valutazione neuroriabilitativa; dalla gestione degli effetti precoci e tardivi di radioterapia e chemioterapia al follow-up a lungo termine dei pazienti.

 

“Auspichiamo che la versione italiana di questo documento del Nice– conclude Cartabellotta – rappresenti una base scientifica di riferimento, sia per la costruzione dei Pdta regionali e locali, sia per l’aggiornamento dei professionisti sanitari, oltre che per una corretta informazione di pazienti, familiari e caregiver”.

 

Per approfondimenti:

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=76491

 

In attesa dell’istituzione dell’infermiere di famiglia, non mancano le sperimentazioni che consentiranno di testare una situazione molto simile a quella che si vuole raggiungere. Grazie ad un accordo firmato nelle settimane scorse tra Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, e Angelo Tanese, Direttore generale dell’Azienda sanitaria locale Roma 1, nella Asl della capitale (e in futuro nelle diocesi di alba in Piemonte e di Tricarico in Calabria) nascerà “l’infermiere di parrocchia”.

 

Ma come funzionerà questa novità? Dopo aver raccolto richieste e bisogni, un referente di pastorale della salute della diocesi condividerà infatti i dati con il professionista della salute, che si incaricherà di attivare procedure e servizi utili al soddisfacimento delle richieste. In questo modo si accorceranno le distanze tra quanti non riescono a intercettare i servizi messi a disposizione dello Stato.

 

“Il progetto si propone di ascoltare, informare e orientare le persone all’interno della rete dei servizi socio-sanitari territoriali delle aziende sanitarie locali – si legge nel testo dell’accordo – facilitare i percorsi di accesso alle cure o all’assistenza, interfacciandosi con i distretti sanitari e i vari servizi territoriali di prossimità; intercettare gli ‘irraggiunti’ e favorirne il contatto con la rete; favorire azioni di promozione della salute e del benessere della comunità”.

 

Per approfondimenti:

https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=76228

 

 

 

Sono ben 22 mila gli infermieri che andranno presto in pensione grazie all’applicazione di Quota 100. “In questo modo la carenza di professionisti arriverà a 76 mila unità, e con meno infermieri sul campo aumenta il rischio di salute” sottolinea il portavoce di Fnopi Tonino Aceti. In Sardegna alla carenza di 4540 infermieri si aggiungeranno presto i 1382 che lasceranno il lavoro per effetto di Quota 100. In tutto, nella nostra isola mancheranno presto 5922 infermieri.

 

I calcoli sono stati effettuati dal Centro studi Fnopi, secondo cui potenzialmente gli infermieri che avrebbero potenzialmente diritto ad andare in pensione da subito con Quota 100 sono 75 mila, ma le penalizzazioni del sistema (limitazioni sulla libera professione, divieto di cumuli, taglio calibrato sul livello di contribuzione) dovrebbero portare un numero molto più basso di infermieri ad uscire, pari a 22 mila persone su un totale di 280 mila infermieri del Servizio sanitario nazionale.

 

“A questi 22 mila – sottolinea il portavoce di Fnopi Tonino Aceti – vanno aggiunti 11.500 che escono per normale pensionamento, quindi si arriva a 33.500 infermieri in meno sul campo”. Questo significa, dice, che “aggiunti ai professionisti che già mancavano si arriva ad una carenza di 76 mila infermieri”.

 

“Le Regioni maggiormente in sofferenza sono quelle del Sud”, quelle in piano di rientro. Con un minor numero di infermieri sul campo, aumenta ovviamente il rischio per la salute dei malati.

 

Per approfondimenti

https://www.nurse24.it/dossier/pubblico-impiego/quota-100-allarme-fnopi-carenza-infermieri-sale-76mila-unita.html

 

Gli over 65 nel nostro paese superano ormai i 13,6 milioni e la maggior parte ha bisogni di salute. Non solo: guardando in prospettiva, l’Italia si confermerà sempre di più uno dei paesi più vecchi dell’Ue. Nel 2028, tra la popolazione della classe di età 45-74 anni, gli ipertesi saranno infatti 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Inoltre, tra gli italiani ultra 75enni 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache.

 

I dati sono stati commentati lo scorso 22 agosto al Meeting Salute di Rimini 2019 dal consigliere Fnopi Cosimo Cicia.

 

Secondo le rilevazioni del ministero della Salute, in un anno sono stati trattati poco meno di un milione di casi di assistenza domiciliare integrata, di cui nell’82,3 er cento dei casi si è trattato di anziani. Il dato positivo, secondo Cicia, è che di questi casi se ne sono occupati in media per 12 ore (anche se solo con una media di 16 accessi l’anno) gli infermieri, contro le 3 ore medie sia di tempo dedicato che di accessi delle altre figure professionali sanitarie: quattro volte e oltre di più quindi.

 

Anche per questo, come evidenzia una ricerca Fnopi, la priorità per il futuro è per quasi l’80% degli italiani l’istituzione della figura dell’infermiere sul territorio, analoga a quella del medico di medicina generale: l’infermiere di famiglia. Una figura molto apprezzata da tutti e su cui sono presenti due recenti proposte di legge in Parlamento, che rende ottimale l’assistenza in un settore chiave per ridurre l’utilizzo improprio dell’ospedale.

 

Questi professionisti, oltre a dare assistenza ai pazienti, possono facilitare il percorso tra le strutture ospedaliere, le strutture territoriali e, sul territorio, tra i medici di famiglia e gli altri attori dell’assistenza e coordinare le attività assistenziali a livello territoriale e domiciliare. Tra gli obiettivi c’è la riduzione delle ospedalizzazioni evitabili e il ricorso improprio al pronto soccorso a favore dei pazienti. Anziani in testa ovviamente.

 

Per approfondimenti:

http://www.fnopi.it/attualita/assistenza-agli-anziani-servono-piu-infermieri-sul-territorio-li-chiedono-gli-over-65-e-le-famiglie-id2716.htm

 

https://www.avvenire.it/economia/pagine/fnopi-infermiere-di-famiglia-una-figura-richiesta-dal-territorio

 

 

FAQ: Domande frequenti