
In Italia ogni anno circa il 5-8 per cento dei pazienti che si recano in ospedale o nei centri diagnostici contrae delle Ica (infezioni correlate all’assistenza). Si tratta di 450-700 mila casi. Il problema è dovuto in gran parte alla mancanza di informazioni sulla prevenzione. Per questo motivo Amici Onlus, associazione che riunisce le persone affette da Mici, cioè malattie infiammatorie croniche dell’intestino, ha deciso di promuovere la campagna #alleamici, sostenuta anche dalla Fnopi.
Nostro paese un paziente su 15 contrae un’infezione durante un ricovero ospedaliero, uno su 100, invece, la contrae nell’assistenza domiciliare. In Italia i decessi causati da Ica si stimano in circa diecimila all’anno. Per la stessa causa, in Europa si contano circa 37 mila decessi all’anno, mentre sono 110 mila i decessi per cui le Ica sono una concausa di morte.
“Un paziente su quattro non ha ricevuto alcuna informazione sulla prevenzione delle Ica prima del ricovero in ospedale o dell’esame diagnostico, mentre sei su dieci non risultano a conoscenza delle procedure di sicurezza per evitare contaminazioni” spiega la presidente di Amici Onlus, Enrica Previtali. “La nostra campagna si rivolge quindi a tutti i malati Mici, che sono prevalentemente immunodepressi e quindi a forte rischio ma, alla luce della pandemia per Covid-19, anche a tutta la popolazione italiana fragile per età o perché soffre di altre patologie”.
La campagna prevede, tra le principali attività, lo sviluppo di materiali informativi per i pazienti, migliaia di opuscoli e locandine distribuite nei maggiori centri ospedalieri, la realizzazione della ricerca con il coinvolgimento dei medici, infermieri e dirigenti ospedalieri.
Secondo il portavoce Fnopi Tonino Aceti, “gli infermieri possono rappresentare la chiave di volta per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, ma c’è bisogno che il livello di attenzione e di investimento pubblico su questa professione sia caratterizzato da un immediato cambio di passo. Anche il Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025, che dedica attenzione al tema della Ica, richiama l’importanza della professione infermieristica nella strategia di prevenzione”.
Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/11/11/amici-ica-campagna/

L’Istituto Superiore di Sanità ha stilato un rapporto per fornire ai professionisti sanitari e ai caregiveruno strumento con tutte le indicazioni per assistere le persone con demenza durante l’emergenza Coronavirus, sia a casa sia nelle strutture socio sanitarie.
Secondo il rapporto “Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di Covid-19”, a casa è importante seguire approfonditamente le misure di igiene e, se il caregiver è straniero, assicurarsi che le informazioni siano state correttamente recepite. Oltre alle misure di igiene è sempre necessario indossare la mascherina chirurgica quando ci si avvicina alla persona cui si presta assistenza.
I caregiver di persone con demenza possono essere esentati dall’uso della mascherina qualora ciò interferisse nell’interagire con la persona di cui ci si prende cura. Anche persona con demenza può essere esentata dall’uso della mascherina. È necessario, inoltre, limitare le visite a casa da parte di altre persone se non strettamente necessario.
Per quanto riguarda le strutture socio sanitarie, tutti gli operatori, interni ed esterni, sono tenuti ad effettuare il monitoraggio della temperatura corporea prima dell’inizio del turno lavorativo e l’attività di triage per gli utenti va potenziata attraverso l’alleanza medico/caregiver.
Scarica qui il rapporto Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19.
Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/10/29/demenze-infermieri-casa-rsa/

Sono circa 1500 gli infermieri deceduti in 44 paesi a causa della pandemia, una cifra che salirebbe a ventimila in tutto il mondo stimando anche gli operatori sanitari. Lo afferma l’ultima analisi dell’International Council of Nurses. Ad agosto gli infermieri deceduti erano 1097. Per l’amministratore delegato di Icn Howard Catton “il fatto che durante questa pandemia siano morte tante infermiere quante ne sono morte durante la prima guerra mondiale è scioccante”.
“Il 2020 è l’Anno Internazionale dell’Infermiera e dell’ostetrica e il 200° anniversario della nascita di Florence Nightingale, e sono sicuro che sarebbe stata immensamente rattristata e arrabbiata per questa mancanza di dati” ha proseguito.
“Florence ha dimostrato durante la guerra di Crimea come la raccolta e l’analisi dei dati possono migliorare la nostra comprensione dei rischi per la salute, migliorare le pratiche cliniche e salvare vite umane, e questo include infermieri e operatori sanitari. Se fosse viva oggi, i leader mondiali avrebbero la sua voce che risuonerebbe nelle loro orecchie dicendo che devono proteggere le nostre infermiere. C’è un abisso tra le parole calorose e i riconoscimenti e l’azione che deve essere intrapresa”.
Per Catton “gli infermieri avranno un ruolo importante da svolgere in ciò che viene dopo il Covid. La nostra esperienza e i dati che abbiamo significa che abbiamo una voce molto potente e legittima che dobbiamo usare per influenzare i sistemi sanitari del futuro. Quando tutto questo sarà finito, non dobbiamo mai più dare per scontato i nostri sistemi sanitari e dobbiamo investire molto di più su di essi e sui nostri operatori sanitari”.
Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/10/28/icn-infermieri-deceduti-1500/

“Sapevamo della seconda ondata e dovevamo lavorare affinché il Servizio sanitario nazionale non lasciasse indietro nessuno, come è purtroppo accaduto in primavera. Del resto, il tempo lo abbiamo avuto. E invece ci risiamo, con la differenza che questa volta alle difficoltà attuali di accesso, dovute all’ondata in atto, si andranno a sommare anche le prestazioni sospese in primavera e non ancora recuperate”. Lo afferma il portavoce della Fnopi Tonino Aceti, che si chiede che fine hanno fatto i piani operativi delle regioni per recuperare le liste di attesa.
Per Aceti “va riconosciuto al ministro Speranza il suo impegno per lo stanziamento di circa mezzo miliardo di euro volto al recupero di quelle prestazioni prenotate e poi rinviate. Ma ora che il problema si sta riproponendo, la domanda obbligatoria da porre subito a tutti quelli che, ai diversi livelli, hanno una responsabilità di governo del Servizio sanitario nazionale è: tutte le prestazioni sospese e rinviate durante il lockdown alla fine, almeno queste, sono state recuperate? Le risorse stanziate dal Governo sono state utilizzate da tutte le regioni? Del resto è un obiettivo preciso stabilito dal Decreto Agosto”.
“Quindi, i piani operativi regionali avrebbero dovuto essere inviati ai ministeri competenti entro e non oltre metà settembre, praticamente circa un mese e mezzo fa. A che punto siamo? Quante sono le regioni che hanno provveduto? Tutte domande sulle quali, vista la situazione che stiamo vivendo, c’è bisogno del massimo livello di trasparenza”.
Per Aceti “si rischia di vanificare lo sforzo sostenuto per lo stanziamento di risorse, e soprattutto, cosa più importante, di farne pagare il prezzo ancora una volta ai pazienti. Il Ssn non può permettersi più un nuovo lockdown dei servizi sanitari per i pazienti non Covid-19, soprattutto quelli in condizione di fragilità. Loro non possono aspettare che passi il Covid-19!”.
Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/10/27/pazienti-non-covid-liste-di-attesa-piani-regionali/