Proprio quando l’Italia ha dovuto affrontare la pandemia da Coronavirus mettendo in campo il sistema salute, non ha potuto contare sulle risorse necessarie perché negli anni i tagli sono stati pesanti e penalizzanti. Lo afferma il “Rapporto Osservasalute” curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, secondo cui dal 2010 al 2018 la spesa sanitaria pubblica è aumentata solo dello 0,2 per cento medio annuo, molto meno dell’incremento del Pil che è stato dell’1,2 e il numero di posti letto è diminuito di circa 33 mila unità.
Nel 2017 son diminuiti anche dell’1,7 per cento anche gli infermieri che passano da 269.151 nel 2014 a 264.703 nel 2017, con riduzioni più marcate in Abruzzo, Liguria, Friuli-Venezia Giulia e Molise.
“La crisi drammatica determinata da Covid-19 ha improvvisamente messo a nudo fino in fondo la debolezza del nostro sistema sanitario e la poca lungimiranza della politica nel voler trattare il SSN come un’entità essenzialmente economica alla ricerca dell’efficienza e dei risparmi”,afferma il Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica.
“L’esperienza vissuta ha dimostrato che il decentramento della sanità, oltre a mettere a rischio l’uguaglianza dei cittadini rispetto alla salute, non si è dimostrato efficace nel fronteggiare la pandemia. Le Regioni non hanno avuto le stesse performance, di conseguenza i cittadini non hanno potuto avere le stesse garanzie di cura. Il livello territoriale dell’assistenza si è rivelato in molti casi inefficace, le strategie per il monitoraggio della crisi e dei contagi particolarmente disomogenee, spesso imprecise e tardive nel comunicare le informazioni”, rilevail direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane Alessandro Solipaca.
Per approfondimenti: https://www.fnopi.it/2020/06/26/ucsc-osservasalute-covid-carenza-infermieri/